Piazza Benedetto Brin
Io sono nato qui, settantacinque anni fa, quarantatré anni dopo la nascita del Quartiere operaio Umberto I inaugurato il 15 agosto 1889 (…che si pone come un esempio tra i più notevoli, per dimensione e caratteristiche, nel panorama italiano della produzione di case operaie.( Paolo Cevini, La Spezia, Sagep editore, Genova).
La casa, (1905) dove sono nato, al n° 13 di piazza Brin, non è operaia ma particolare. Mia nonna era la portinaia del palazzo.
La casa è una piccola parte del mondo esterno.
Dalle finestre del mezzanino, infatti, si vedono bene le figure dipinte sulla volta del portico. Mia mamma, nella bella stagione, faceva colazione seduta davanti alla finestra. Tra il dentro e il fuori c’era continuità. La vita della piazza entrava in casa.
In cucina la luce entrava sempre, c’erano gli scuri non le persiane.
Ogni tanto arrivava anche il sole, diritto, che accendeva i riflessi sui vetri, non di prima scelta, però cangianti, con vaghe frange d’arcobaleno che catturavano gli occhi.
Il fuori era più presente del dentro, forse perché il dentro era l’essenziale, il tavolo, la credenza, i letti in ogni stanza. Un solo rubinetto, in cucina, che diventano due quando lo zio Alberto, stagnino, ha messo un piccolo lavabo nel cesso. Andavo nella sua bottega a fare un po’ di apprendistato.
Mi portava a casa la sera sulla canna della bicicletta. Mi chiamava Bistecca.